Karate Il Karate - letteralmente “mano vuota” anche se un tempo si chiamava Tode, “mano cinese” - il 2 luglio 1994 entra ufficialmente a far parte della Federazione che dal 1995 assume perciò la denominazione di FILPJK, cioè Federazione Italiana Lotta, Pesi, Judo e Karate, anche se come disciplina associata agiva da tempo nell’ambito federale, con i primi contatti risalenti addirittura agli anni ’60. Il combattimento di Karate sportivo ripropone, a mani nude, l’antico duello che i samurai effettuavano con la spada. I contendenti debbono piazzare un colpo risolutivo, teoricamente mortale. I colpi sono portati alle parti più vulnerabili del corpo con quelle armi naturali che sono i pugni ed i calci: ma il colpo deve essere fermato prima che colpisca il bersaglio. Le competizioni si differenziano fra kumite (combattimento) e kata (forme). “La competizione di kumite - sottolinea il Direttore Tecnico Nazionale FIJLKAM Pier Luigi Aschieri - si configura come un combattimento libero fra due avversari vincolati a non nuocersi. Ciò avviene attraverso il controllo di colpi - inibizione cinetica - che trasferisce l’azione di attacco dal piano reale a quello simbolico…Si tratta di un combattimento rituale dove i due avversari si confrontano per ottenere la vittoria, nell’ambito disegnato dalle regole e sulla base di capacità ed abilità psicofisiche”. Considerando che le azioni debbono esprimere reali quantità di energia cinetica, comunque controllata prima del contatto, il problema dell’atleta è quello di realizzare una situazione che sintetizzi realtà (potenza) e simbolicità (controllo). Si tratta comunque di uno sport in cui la vittoria premia non la “superiorità oggettiva” - come il KO del pugilato - ma la “superiorità tecnica”. Il Karate è sport agonistico per eccellenza e richiede quindi ai suoi praticanti piena maturità psico-fisica e tecnica. Si giungerà all’agonismo solo dopo essersi sottoposti ad una preparazione intensiva e continua; dopo aver assimilato una tecnica che consenta di dirigere colpi esplosivi ma controllati di pugno e di calcio; dopo aver acquisito ottima condizione atletica e maturità sul piano fisico, psichico e morale (Luridiana-Falsoni). Per la ricchezza del suo contenuto motorio, il Karate ha i requisiti indicati nel considetto VARF, il possesso cioè di velocità, agilità, resistenza e forza. Ai fini formativi, diretti a sviluppare le qualità del carattere, il Karate può dare in tempi brevi sensibili miglioramenti. La costante frequenza del “dojo” esalta attenzione, volontà, tenacia, spirito di sacrificio, autocontrollo, fiducia in se stessi, animo virile ed autosufficienza contribuendo a sviluppare la lealtà, il coraggio, il senso di disciplina e di responsabilità, la socievolezza (Enrile). Si tratta perciò di attività consigliata ai giovani, alle donne ed agli uomini, anche alle persone anziane.
La nostra Academy, oltre allo studio del Wado-ryu e dello Shito-ryu, prevede la possibilità di seguire i karateka sin dalla più giovane età. Sia in campo femminile che maschile i “preagonisti” vanno dal quinto al dodicesimo anno di età, suddivisi nelle categorie bambini, ragazzi ed esordienti “A”; gli “agonisti” prevedono gli esordienti “B” (13 e 14 anni); i cadetti (15-16-17 anni); gli juniores (18-19-20 anni) ; i seniores (dai 21 ai 35 anni) ed i master da 36 a 50 anni.
by Jean Carlo Mattoni |
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